giovedì 11 gennaio 2018

TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI

(Three billboards outside Ebbing, Missouri)
regia: Martin McDonagh (Usa, 2017)
cast: Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, John Hawkes, Peter Dinklage, Caleb Landry Jones
sceneggiatura: Martin McDonagh
fotografia: Ben Davis
scenografia: Inbal Weinberg
montaggio: Jon Gregory
musiche: Carter Burwell
durata: 116 minuti
giudizio: 

trama:  In una piccola città del Missouri (profondo midwest americano), una donna acquista tre enormi cartelloni pubblicitari, situati appena fuori dal centro abitato, per denunciare il (presunto) lassismo della polizia locale, rea di non fare abbastanza per smascherare l'uomo che ha prima violentato e poi ucciso sua figlia...


dico la mia:  A Venezia è stato battuto dalla favoletta edificante (ma bella) di Guillermo del Toro, per poi rifarsi con gli interessi agli ultimi Golden Globes. E chissà cosa accadrà ora agli Oscar dove, notoriamente, certi film così ruvidi e ben poco disposti verso le "buone maniere" non vengono visti di buon occhio. Però io ve lo dico: premi o non premi, questo film dal titolo così prolisso e poco commerciale (letteralmente significa "tre cartelloni pubblicitari appena fuori Ebbing, nel Missouri") è di gran lunga, e per distacco, la miglior pellicola dell'anno. La dirige un regista 47enne poco prolifico, l'irlandese Martin McDonagh (già autore in passato di due piccoli cult come In Bruges e 7 psicopatici) che qui, davvero, si supera, fotografando mirabilmente un'America poco conosciuta e restìa a farsi conoscere...

Un'America retrograda e cinica, fatta di grandi spazi e miserie umane, dove razzismo, indifferenza e omertà sono i princìpi fondanti di gente abituata non a vivere ma a sopravvivere nella propria bassezza. Un'America vista dagli occhi di un cineasta straniero e quindi "alieno" a quest'universo ristretto, confinato nel profondo midwest di un paese sterminato, lontano anni luce dalle vetrine luccicanti di New York o le ville con piscina di Beverly Hills: siamo in quella fetta di America dove il mondo finisce oltre la propria staccionata, dove la gente guarda le partite di football stravaccata sul divano e vota in massa per Trump, poco interessata a quello che c'è "fuori". Per certi versi il contesto ricorda molto quello di un altro grande film a tema, ovvero Nebraska di Alexander Payne, solo che qui l'approccio è totalmente diverso: tutt'altro che malinconico e dolente, bensì durissimo, violento, sarcastico, pieno di azione, dramma, humour nero, commozione e grande, grandissimo mestiere.

I tre manifesti del titolo sono quelli che una donna disillusa e disperata, Mildred Hayes (la solita, strepitosa Frances McDormand) fa affiggere all'ingresso del paese per gridare tutta la sua rabbia verso la polizia locale, a suo dire poco determinata nel dare la caccia al maniaco che qualche mese prima ha stuprato a morte sua figlia. Il gesto esplode come una bomba nella piccola e sonnecchiante cittadina di provincia, distruggendo il muro di omertà e ipocrisia tirato su dai suoi abitanti. I poliziotti ovviamente non reagiscono bene: lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson), uomo mite e gravemente malato, è convinto di non meritare tale affronto. Il suo vice, l'imbelle e violento Dixon (Sam Rockwell, anche lui grandissimo), uno sbirro razzista e idiota vessato da una madre terribile, la prende come un'offesa personale e perde la testa, scatenando il finimondo. Tanta rabbia genererà solo altra rabbia, fomentando un'assurda spirale di violenza in cui ben presto ognuno dei personaggi perderà il controllo...

Martin McDonagh è straordinario nel gestire una materia così (letteralmente) incandescente, senza lasciarsi prendere la mano. Lo fa grazie a una sceneggiatura granitica (non a caso premiata a Venezia) capace di alternare i tanti momenti drammatici con sarcasmo feroce e battute al vetriolo ("se dovessimo allontanare dalla polizia tutti gli agenti con qualche vaga inclinazione razzista, ne rimarrebbero tre e tutti froci...") e che conduce il film verso un epilogo imprevisto e sorprendente, perfino (incredibilmente, a suo modo) ottimista: dopo la tempesta, la ferocia, la follia scatenatasi dagli eventi, ogni personaggio evolverà verso un personale percorso intimo e riflessivo, auto-costringendosi ad un esame di coscienza che fino a pochissimo prima pareva impossibile.

Un grande film americano, che ci riconcilia con il cinema, lasciando spazio anche alle emozioni e all'approfondimento dei complessi meccanismi che regolano la natura umana, regalandoci un importante insegnamento: nessun uomo è buono o cattivo a prescindere, il suo carattere è sempre condizionato del contesto in cui vive, dal suo passato, dal rapporto con cui gli altri si approcciano a lui. Un grande film fatto di grandi uomini e grandi attori: su Frances McDormand e Woody Harrelson è inutile sprecare parole, mentre invece è sacrosanto farlo per un interprete bravo e sempre sottovalutato come Sam Rockwell, che qui si supera in un ruolo sgradevole e davvero poco empatico  con lo spettatore. Se questo film dovesse vincere anche un solo Oscar, sarebbe giusto che andasse a lui.

26 commenti:

  1. D’accordo con ogni singola parola. Poi io ho una venerazione per la grande Frances.
    McDonagh è stato bravissimo a realizzare un film dove la rabbia è il suo motore tutt’altro che immobile. È drammatico senza sfociare nella lacrima facile, è ironico e simpatico, e soprattuto come hai detto tu ottimista. A volte basta smettere di sbraitarsi o punzecchiarsi l’un l’altro per capire un dolore e ricominciare piano piano a vivere.

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    1. Esattamente. Questo film si differenzia parecchio dal "solito film sulla provincia americana" come qualche critico superficiale ha scritto... non è solo lo specchio di un mondo (che comunque esiste) ma si sforza anche, secondo me riuscendoci benissimo, di dare risposte.

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  2. L'ho amato! E non capisco le critiche di chi scrive incipit come questo "Abbiamo smesso di contare i film sulla provincia americana popolata di mostri, derelitti, pervertiti e dementi... Si tratta di un vero e proprio cliché che si ripete inesorabile stagione dopo stagione."
    Si finge di non sapere che la provincia, nel bene e nel male, è il cuore di ogni nazione e quella americana qui è raccontata da un'angolatura particolare e soprattutto con attori, scene e dialoghi di altissimo livello.

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    1. Proprio così: vedi la mia risposta al commento sopra. Critiche senza senso e ingiustificate, intanto perché (come dici giustamente) questo pezzo di America esiste eccome (ed è quello che ha spedito Trump alla Casa Bianca) e poi perché questo film si sforza comunque di capire quest'America e giudicarla senza pregiudizi (non a caso il regista è un europeo trapiantato lì)

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  3. Grande recensione per un grandissimo film, a quanto pare. Lo vedrò prestissimo.
    Un abbraccio.
    Mauro

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    1. Grazie Mauro, sempre troppo gentile. Aspetto di sapere che ne pensi del film, però! ;)

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    1. Grande film e ottima recensione. Rimane il dolore del pugno nello stomaco della storia e la meraviglia che lascia ogni scena, perché potrebbe evolversi in mille modi e la sceneggiatura sceglie quello meno scontato. Da vedere, assolutamente

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    2. @unknown: esatto, infatti come ribadisco la sceneggiatura è l'arma in più di questo grandissimo film. Ci si aspetta sempre il "climax", la tragedia, la rabbia incontrollata, la degenerazione degli eventi... e invece lo script prende sempre strade nuove e inaspettate. Condivido pienamente la tua opinione.

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  5. Condivido ogni parola (a parte quel "favoletta" iniziale per del Toro, che in modo diverso, nella sua magia e nella sua profondità, a Venezia mi ha stracciato il cuore).
    Me lo sono pure rivisto, visto come lo consiglio ovunque, e come sa far ridere, piangere, riflettere su quell'America di pancia. Attori in stato di grazia, tutti.

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    1. Ciao Lisa! "Favoletta" in senso buono ovviamente, il film di Del Toro è piaciuto anche a me, però qui siamo (a mio giudizio) su livelli decisamente superiori. Ci sono tante sensazioni diverse in questo film, tanti spunti, tanti stati d'animo. Di film così purtroppo se ne vedono davvero pochi...

      p.s. beninteso, se Del Toro vince l'Oscar io sarò il primo ad essere contento!

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  6. Un film duro e potente, senza fronzoli, ma con dentro una inusuale e innegabile umanità. tipica degli irlandesi, direi. Riflette il carattere del regista. Uno dei migliori film americani degli ultimi anni, innegabilmente.

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    1. Senza alcun dubbio. Solo la critica superficiale non ha rimarcato quanta umanità e quanta dolorosa voglia di riscatto ci siano in questo film. Il finale non è affatto debole, anzi, è il miglior finale possibile per una storia che fugge via verso una possibile (e giusta) redenzione

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  7. Non per nulla, il titolo che mi incuriosisce di più. Dopo queste tue parole sono ancora più curioso.

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  8. Recensione bellissima di un film che aspettavo a gloria... e sì, confermo, è un vero capolavoro. Sceneggiatura di ferro, regia ipeccabile, interpreti meravigliosi. Ma non è solo questo: è un film che ti fa riflettere su come la vita ti offra sempre la possibilità di riscatto e redenzione, se solo lo si vuole. Complimenti signor McDonagh! :)

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    1. Non ho altro da aggiungere... ne abbiamo parlato anche a voce. Che questo film fosse "esplosivo" (in tutti i sensi) ce ne eravamo già accorti dopo la proiezione per la stampa a Venezia (dove ricevette un lunghissimo applauso dalla platea). E anche la seconda visione non fa che confermarlo.

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  9. Concordo con i commenti: splendida recensione, complimenti!
    Purtroppo riuscirò a vedere il film solo domenica ma, ora, ho grandissime aspettative. Di McDonagh ho visto solo In Bruges: piaciuto ma non troppo. Questa potrebbe essere l'occasione giusta per apprezzare veramente un suo lavoro.
    All'inizio questo titolo mi sembrava un outsider in mezzo a tante solide e fragorose produzioni, ora ai miei occhi sembra il film giusto al momento giusto. Queste terre del Missouri mi conquisteranno? Spero proprio di sì! :)
    Buon weekend,
    Fede.

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    1. Ciao Fede, innanzitutto grazie per i complimenti però... non farti influenzare da quello che ho scritto! Vai a vedere il film e non caricarlo di troppe aspettative, giudicalo con la tua testa. Io posso dirti che questo film mi colpì tantissimo fin dalla sua presentazione alla Mostra di Venezia, e alla seconda visione mi è parso ancora più bello.
      Guardalo, e poi (se vuoi) ne riparliamo :)

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  10. Bel film davvero. Mancava da un po' una storia così originale e coinvolgente.

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    1. Verissimo, soprattutto perchè trattasi di una sceneggiatura (finalmente!) originale, roba ormai sempre più rara a Hollywood. E non a caso scritta da un'irlandese...

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  11. E' segnato tra le prossime visioni.
    Sento l'odore di un potenziale film da top five del duemiladiciotto, per quanto mi riguarda.

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    1. Per quel che ti conosco... potrebbe essere un film "fordiano" al 110% !! ;)

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  12. Visto oggi, che dire, che pugno in faccia! E se Frances McDorman è spettacolare, ora non so più per chi tifare agli Oscar tra le possibili nomination a Rocwell, Dafoe e Hammer! Bel film che fa riflettere su come la rabbia porti ad aprire il vaso di Pandora che una città di provincia può contenere, scatenando un vero e proprio putiferio!

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    1. Eh sì, quest'anno davvero la lotta per conquistare l'oscar tra i "non protagonisti" sarà durissima, e il livello (come talvolta accade) forse superiore a quello per gli attori protagonisti. Anche se, devo dire, considerare Rockwell "non protagonista" in questo film fa piuttosto sorridere...
      Comunque, aldilà delle categorie, resta la soddisfazione per aver visto un film bello e potente, come ormai a Hollywood si sempre meno coraggio di fare

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