martedì 3 aprile 2018

TONYA

(I, Tonya)
regia: Craig Gillespie (Usa, 2017)
cast: Margot Robbie, Allison Janney, Sebastian Stan, Caitlin Carver, Julianne Nicholson
sceneggiatura: Steven Rogers
fotografia: Nicolas Karakatsanis
scenografia: Jade Healy
montaggio: John Axelrad, Lee Haugen
musiche: Tatiana S. Rigel
durata: 121 minuti
giudizio:

trama:  La storia (piuttosto cruda) della pattinatrice americana Tonya Harding, atleta di grande talento ma dal carattere difficile, stretta tra una madre dispotica e anaffettiva, un matrimonio a rotoli e un contesto familiare oltremodo squallido. Fattori che porteranno la ragazza a tentare di vincere a tutti i costi le Olimpiadi del 1994, per dare una svolta alla sua vita e abbandonare il marciume in cui si dibatte da sempre. Anche a costo di far fuori, letteralmente, la sua rivale più accreditata...


dico la mia: Una storiaccia americana, terribilmente vera, anche se raccontata con l'espediente (ormai usuale) del mockumentary, ovvero un falso documentario in cui gli attori fingono di interpretare i protagonisti stessi in presa diretta. Una storia assurda, l'ennesima che sbatte in faccia allo spettatore il marciume della provincia profonda a stelle e strisce, dove i lustrini e le paillettes di Hollywood sono lontanissimi e lasciano il posto al degrado fisico e morale di un paese che ha ormai da tempo seppellito i sogni...

Per certi versi, Tonya assomiglia molto a un altro film esemplare sul tema, Foxcatcher di Bennett Miller, dove il milionario americano John Du Pont instaurava un rapporto morboso (e malato) con due lottatori in procinto di partecipare ai Giochi Olimpici, talmente ossessivo da portare all'inevitabile tragedia finale. Ma se quella di Du Pont era una storia ferocemente drammatica, quella di Tonya Harding al contrario è una storia disperata ma non seria, talmente ridicola e inimmaginabile che non poteva essere raccontata in altro modo dallo sceneggiatore Steven Rogers se non attraverso l'ironia e lo humour nero che pervadono l'intero film. Tutti i personaggi (a partire dalla stessa protagonista) sono inverosimili e volutamente macchiettistici, perchè davvero non era possibile raccontare seriamente una vicenda così incredibile, parabola perfetta del lato oscuro dell'America.

Il film di Craig Gillespie (che in originale si chiama I, Tonya, chissà perchè la traduzione italiana fa scomparire l'articolo...) racconta uno dei più clamorosi scandali sportivi del secolo scorso, ripercorrendo l'intera carriera (e la vita privata) della pattinatrice Tonya Harding, atleta dal talento eccezionale pari alla propria ignoranza e sregolatezza (entrambe ai massimi livelli), soffocata da una madre anaffettiva e da un marito violento, oltre che da un contesto sociale palesemente difficile. Nel 1994, alla vigilia delle Olimpiadi Invernali di Lillehammer, la Harding e il suo coniuge furono processati e condannati per aver organizzato l'aggressione alla connazionale Nancy Kerrigan, all'epoca principale antagonista della Harding, fracassandole un ginocchio a pochi mesi dall'inizio dei Giochi.

Una bruttissima storia, specchio esemplare della contraddizione di un paese desideroso di eroi da mostrare al mondo ma, per contrappasso, anche di losers di affondare senza pietà, capri espiatori perfetti per pulire le coscienze sporche dei benpensanti... Gillespie la traduce sul grande schermo con una narrazione enfatizzante e frastagliata, che abbina alle riprese sul ghiaccio i siparietti (tragi-comici) con le finte interviste ai protagonisti. Scopriamo così a poco a poco la disarmante povertà intellettuale della Harding (interpretata da una convincente Margot Robbie), il raccapricciante cinismo della madre (una sboccata, insopportabile, odiosa, straordinaria Allison Janney, giustamente premiata con l'Oscar), l'oscena stupidità del marito (Sebastian Stan).

Un quadretto desolante, squallido, che volutamente non cerca di ricostruire la verità sull'episodio (ognuno dei protagonisti racconta la sua verità) bensì sbatte in prima pagina l'altra faccia della medaglia, quella di un paese ottuso, gretto, ripiegato su se stesso, da condannare senza pietà allo stesso modo con cui ha liquidato la "povera" Harding, vittima sacrificale di un società (tipicamente americana) che ormai non offre più sogni ma solo dis-illusioni.

Il film è molto efficace nel tratteggiare i ritratti psicologici  dei protagonisti, molto meno nello sviluppo della trama: il ritmo è continuamente spezzato dalle interviste e dalle ricostruzioni dei dialoghi (spesso davvero prolisse) che giocoforza fanno calare la tensione. Ne viene fuori un film "strano" ma curioso, un po' faticoso da seguire ma comunque intrigante, impreziosito dall'ottimo lavoro delle sue attrici: entrambe detestabili ed entrambe bravissime, che restano ben impresse anche dopo i titoli di coda.

14 commenti:

  1. A differenza tua io non ci ho visto molta ironia, se non involontaria. E anche per quanto riguarda i personaggi inverosimili credo che dal vivo la vera Harding, il suo discutibile ex marito e l'imbarazzante guardia del corpo siano pure peggio... Ma a parte questo direi che fondamentalmente siamo abbastanza d'accordo.

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    1. Lo penso anch'io. Spesso la realtà supera la fantasia e in questo caso non farei fatica a crederlo. Ricordo che hai tempi seguii un po' la vicenda sui giornali ma, ovviamente, non conoscevo il contesto della storia. Non mi stupirei davvero.

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  2. Non conoscevo la storia, e devo dire che il film riesce a metterti davvero disagio. Lo squallore ti entra dentro. Brave le attrici, specialmente Margot Robbie che non immaginavo a questi livelli.

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    1. Sì, devo dire che Margot Robbie ha sorpreso anche me: è tutto tranne che una bambolina sexy, anzi... ha talento da vendere! La nomination all'Oscar è stata meritatissima. La Janney, poi, è davvero straordinaria.

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  3. Visto stasera, un ritratto spietato eppure vero. La robbie veramente brava, allison janney strepitosa. Un film che ti lascia davvero con l'amaro in bocca. L'America del sogno americano non esiste e ti rendi conto di quanti rapporti tossici e distruttivi ci siano intorno a noi. Talento sprecato per ignoranza e ottusità .mi ha lasciato dentro tanta amarezza.

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    1. Anche a me. Soprattutto, ti riflettere sul fatto che l'essere nati nella parte "giusta" del mondo non è un merito ma solo fortuna... e dovremo ricordarcelo quando ci tocchiamo con mano storie di chi è meno fortunato di noi. Se Tonya Harding fosse nata nell'America di Hollywood oggi sarebbe (ancora) una stella di prima grandezza.

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    2. Non mi puoi trovare più d'accordo. Da sempre penso che la vita sia un'enorme botta di culo dal momento in cui nasci, da chi nasci e dove nasci.

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    3. Non potevi essere più chiara! ;) :)

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  4. Ricordo la storia della Hardyng, però quello che mi ha colpito di più è come un talento venga tritato e buttato nella pattumiera da un sistema che premia solo pattinatrici principessine, una madre che le ha insegnato di avere solo nemici sulla pista di pattinaggio, un marito idiota con il suo amico schifoso, etc. Forse la Hardyng sarebbe stata coinvolta nell'affaire Kerrigan lo stesso, ma se avesse avuto la sua chance fin dall'inizio, sarebbe andata veramente così?

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    1. Ovviamente no. Il "contesto", come scrivo nel commento sopra, è fondamentale per le sorti delle persone. Ma non dimentichiamoci che (purtroppo) è così da sempre: mi vengono in mente i protagonisti di "Momenti di gloria", il più bel film sportivo mai realizzato. Esemplare la scena in cui il ricchissimo Lord Lindsay si allena nella sua immensa tenuta mettendo sopra ogni ostacolo una coppa di champagne: nello sport, come nella vita, i soldi fanno sempre la differenza tra chi può permettersi una carriera e chi deve sempre combattere contro tutto e tutti.

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    2. E in teoria lo sport dovrebbe essere l'occasione per il riscatto (vedi Rocky) e invece qua non c'è - al di là delle scelte idiote della Hardyng (dal marito al farsi coinvolgere nell'affaire Kerrigan).

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  5. a me non è piaciuta molto la scelta per cui i personaggi si rivolgevano allo spettatore durante le vicende, raccontando loro quello che stava accadendo... ho trovato più forzato quell'espediente che quello delle interviste...
    in ogni caso, un film che mi sono davvero goduto e, come dici bene, tenuto in piedi da due grandi interpreti

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    1. Sì, infatti: come ho scritto è un film un po' "strano" per concezione, a metà strada tra fiction e falso documentario... però innegabilmente risulta convincente e coinvolgente, niente da dire. Bravissime le due protagoniste.

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  6. Non male, anzi direi proprio un buon film, che mi ha infastidito il giusto, e mi ha fatto riflettere. Mi ritrovo nei tuoi commenti... importante è dove si nasce, ma a parte un contesto di povertà o di classe svantaggiata, diciamo che qua l'ambizione smodata della madre ha messo un carico pesante sulle spalle della figlia che diversamente, poteva far presagire forse un destino diverso.

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