lunedì 4 dicembre 2017

SMETTO QUANDO VOGLIO AD HONOREM

(id.)
regia: Sydney Sibilia (Italia, 2017)
cast: Edoardo Leo, Neri Marcorè, Luigi Lo Cascio, Stefano Fresi, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, Giampaolo Morelli, Lorenzo Lavia, Marco Bonini, Rosario Lisma, Greta Scarano, Valeria Solarino
sceneggiatura: Sydney Sibilia, Francesca Manieri, Luigi Di Capua
fotografia: Vladan Radovic
scenografia: Alessandro Vannucci
montaggio: Gianni Vezzosi
musiche: Michele Braga
durata: 96 minuti
giudizio: 

trama:  Un misterioso terrorista è deciso a far esplodere l'aula magna dell'università La Sapienza durante la consegna delle lauree ad honorem. Il detenuto Pietro Zinni, l'unico a conoscenza delle intenzioni del killer, non viene creduto e scambiato per psicopatico. All' ex biologo non resta dunque che farsi trasferire a Rebibbia e chiedere aiuto al nemico di sempre, Er Murena, prima di ricostituire, per l'ultima volta, la vecchia banda di ricercatori.


dico la mia:  Non ci sono più l'irriverenza e la satira amara del primo film, e nemmeno i ritmi action e i tanti omaggi cinefili (western in primis) del secondo. Per l'ultimo episodio della saga il regista e ideatore Sydney Sibilia fa ricorso ai sentimenti, girando una pellicola romantica e al tempo spesso malinconica, perfino dolente, nel pieno rispetto della grande commedia all'italiana di un tempo. Certo, non siamo dalle parti de I soliti ignoti, e la sceneggiatura di questo terzo capitolo è piuttosto stiracchiata (un'oretta e mezzo di film che scorre via in un attimo), eppure questo Smetto quando voglio ad honorem è la degna conclusione di una trilogia che, è bene sottolinearlo, ha rappresentato negli ultimi anni una bella iniezione di fiducia per l'intero cinema italiano di genere.

Non è indispensabile aver visto i primi due episodi per seguire quest'ultimo film, ma certo se li avete visti partite avvantaggiati: per tutta la prima parte infatti il protagonista Pietro Zinni (Edoardo Leo) riannoda le fila della vicenda per poi dedicarsi alla narrazione vera e propria. In apparenza Smetto quando voglio ad honorem sembra quasi "dimenticarsi" dell'assunto che sta alla base dell'intera operazione (il precariato, la fuga di cervelli, la mala gestione del sistema educativo italiano) ma capiamo subito che non è così: come nella commedia dell'arte, i primi due atti sono propedeutici a un finale bellissimo e perfino commovente, che ogni studente, ogni giovane laureato, diplomato o precario dovrebbe vedere. Un finale (che ovviamente non svelo) dove fanno capolino l'orgoglio e determinazione di una generazione intera, quella dei trentenni di oggi, destinata a resistere nonostante tutto...

Si ride poco in quest'ultimo capitolo, dove la commedia lascia spazio, molto più che negli altri due, alla critica sociale e politica verso le istituzioni: lungaggini burocratiche, corruzione, lassismo, mancanza di fondi, strutture inadeguate e fatiscenti, mancanza di programmazione e lungimiranza didattica. Uno specchio impietoso dell'Italia di oggi dove, manco a dirlo, l'unica vera risorsa è l'arte di arrangiarsi, unita all'innata fantasia ed inventiva di un popolo eclettico e (fin troppo) versatile. Non solo santi, poeti e navigatori, ma anche letterati, architetti, chimici, fisici, matematici, biologi... magari sottopagati e sottovalutati ma abituati, nonostante tutto, a navigare nel mare in tempesta.

Un applauso dunque a Sydney Sibilia e ai suoi attori, capitani coraggiosi capaci al tempo stesso di omaggiare Monicelli e far riflettere il pubblico sull'attualità, sfruttando al meglio anche le potenzialità tecniche di assoluto valore messe a disposizione: dalla fotografia livida e noir di Vladan Radovic alla partitura musicale, splendida, di Michele Braga, infarcita di brani facili e "ruffiani" (vedi i Coldpay) con incursioni nel progressive-house e perfino nella lirica (meraviglioso Stefano Fresi che canta un'aria de Il Barbiere di Siviglia). Un lavoro di ricerca encomiabile e inusitato per opere a budget ridotto come questa.

E' un peccato, lo dico sinceramente, che le avventure di Smetto quando voglio volgano al termine. Sibilia e i suoi collaboratori hanno dimostrato in questa trilogia la volontà di realizzare qualcosa di diverso nel panorama filmico italiano e, allo stesso tempo, di omaggiare un cinema e un'illustre tradizione popolare che sembrava ormai morta e sepolta negli archivi. Lo hanno fatto con umiltà, intelligenza, tenacia e professionalità, dimostrando (prima di tutto a noi stessi) che con un po' di fiducia in più e molta diffidenza in meno da parte degli addetti ai lavori, rinverdire i fasti di un passato glorioso non è poi così utopistico.

19 commenti:

  1. Ho visto il primo, questo invece me lo perdero' al cinema per motivi di vita da expat. Che, diamo un soggetto per un quarto capitolo? Lo si puo' chiamare Smetto quando voglio - fuga dei cervelli :-p

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    1. In effetti un quarto capitolo ci starebbe benissimo, e magari un quinto, un sesto... di argomenti sul precariato e la frustrazione dei giovani italiani ce ne sarebbero a bizzeffe. Però Sibilia ha detto e ribadito che non ci saranno sequel a questa trilogia (o almeno non sarò lui a dirigerli). Una scelta rispettabile e coraggiosa, che chiude in bellezza una serie che ha portato aria fresca nell'asfittico panorama attuale della commedia all'italiana.

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  2. Madò Sauro, abbiamo scritto quasi le stesse cose. D'accordissimo su tutto, domani la pubblico :P
    (Il Barbiere di Siviglia è stato un colpo al cuore in mezzo a tutta sta nostalgia: è una delle mie opere preferite!)

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    1. Domani corro subito da te! :)
      p.s. sì, Fresi che intona "Il Barbiere di Siviglia" fa proprio scendere la lacrimuccia!

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  3. Ciao Kris! :)
    Questo capitolo conclusivo della serie di Sibilia ancora manca tra le mie visioni - cercherò di rimediare appena possibile! - ma sono parecchio fiduciosa, ancor di più dopo aver letto le tue parole.
    Ah, e concordo pienamente: Smetto quando voglio, uscito nel 2014, ha il merito di aver dato una scossa al cinema di genere italiano che, specialmente l'anno seguente, ha saputo stupire anche gli spettatori più scettici!
    Un saluto,
    Fede.

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    1. Grazie mille, Fede! Hai ragione, il primo "Smetto quando voglio", insieme ad altre pellicole affini (penso a "Lo chiamavano Jeeg Robot", "Veloce come il vento"...) ha avuto il merito di ri-sdoganare nuovamente il cinema di genere italiano, confermandolo nei due seguiti.
      Resto in attesa allora della tua recensione, non appena avrai visto il film: la leggerò con interesse!

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  4. Un bel finale, che chiude degnamente una trilogia intelligente e per nulla accomodante, dove si ride e ci si commuove, ci si indigna e si lotta, nella piena tradizione della nostra commedia. Mi è piaciuto tantissimo!

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  5. Pur non essendo patita del genere, mi sono ritrovata a seguire (e con gusto) l'intera trilogia. Ricordo che durante il primo capitolo storcevo il naso per i troppi richiami a Breaking Bad... Ma nel terzo no, il terzo capitolo è proprio "italiano". E sì, quel finale lì fa male e per certi versi vince anche facile, ma non è colpa sua.

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    1. E' vero, il primo film forse è il più "atipico" dei tre: non ho mai visto Breaking Bad e quindi non posso fare confronti, però in effetti dei tre capitoli è quello più divertente e comico, si ride molto più che negli altri due. E sono risate ben costruite ma certo più "facili" (ma del resto è comprensibile che il film d'esordio strizzi l'occhio al pubblico: se il primo film fosse andato male non ci sarebbero stati gli altri due...)
      Il secondo e il terzo film sono invece molto più "adulti", e di ottimo livello.

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  6. Non vedo l'ora di godermelo: sono un fan accanito e Fresi è un grande. L'ho apprezzato ancora di più per la simpatia e la competenza musicale quando è andato ospite al programma " I miei vinili".

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    1. Sì, Fresi è davvero bravo. La scena in cui declama "il Barbiere di Siviglia", come ho scritto sopra, strappa l'applauso! Finalmente un volto nuovo nel nostro cinema :)

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  7. Continuo a ritenerlo uno dei film più sopravvalutati e ruffiani del decennio, anche se devo ammettere che almeno come action funziona. Ma non lo farei mai vedere a un trentenne precario perchè si potrebbe anche "alterare"

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    1. Rispetto la tua opinione e la tua coerenza ;) non te n'è piaciuto nemmeno uno di questi film. Però onestamente non capisco perchè un trentenne, diretto interessato, dovrebbe incavolarsi: se intendi con le istituzioni allora ok... ma non certo contro Sibilia, che ha solo "fotografato" una situazione. A mio avviso molto veritiera.

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  8. Mi fa piacere vedere che anche il terzo capitolo è una garanzia.
    Questo terzo capitolo l'ho visto uscito in sordina, poco sponsorizzato rispetto il precedente.

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    1. Eh, sì... hai ragione. Purtroppo è stato fatto uscire in un periodo dell'anno dove i film si accavallano tra loro e non è facile per tutti avere visibilità. Però mi fa piacere che come incassi sia andato bene lo stesso: nel primo weekend è secondo in classifica dopo il film di Branagh, e non era assolutamente scontato!

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  9. A me, se posso permettermi, è sembrato un po' "tirato via". Il ritmo è buono ma in pratica il film si riduce a due scene, il carcere e l'università. Piace forse più per affezione che per qualità.Ma è solo la mia opinione. diciamo che io gli avrei dato una stellina in meno :) comunque mi sono divertito.
    Passa una buonissima giornata!
    Mauro

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    1. Mauro, tu puoi permetterti di dire tutto! Come chiunque altro del resto... purchè lo faccia con garbo e civiltà (ma tu sei un signore nato, e non solo su internet ;) )
      Sai che ti dico? Che hai proprio ragione: in effetti questo terzo film è piuttosto "stiracchiato" come trama, e forse non c'era il materiale per fare tre film alla stessa altezza, però il risultato finale è comunque più che soddisfacente.
      Diciamo che le mie quattro stelline si riferiscono più alla trilogia completa che al questo singolo capitolo. Che, indubbiamente, meriterebbe tre solo stelline... la quarta è ad honorem! ;)

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    2. Senza dubbio! Grazie per la risposta e buona serata!
      Mauro

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