sabato 11 novembre 2017

THE PLACE

(id.)
regia: Paolo Genovese (Italia, 2017)
cast: Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli, Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Rocco Papaleo, Vinicio Marchioni, Vittoria Puccini, Silvio Muccino, Silvia D'Amico, Giulia Lazzarini, Alessandro Borghi
sceneggiatura: Paolo Genovese, Isabella Aguilar
fotografia: Fabrizio Lucci
scenografia: Chiara Balducci
montaggio: Consuelo Catucci
musiche: Maurizio Filardo
durata: 105 minuti
giudizio:  

trama:  Un uomo misterioso, seduto per giornate intere al tavolo di un ristorante, accoglie a sè svariate persone, ognuna con un problema da risolvere e in cerca di soluzioni, che fornirà loro a caro prezzo.


dico la mia:  Tutto ha un prezzo nella vita, ma solo se pensiamo che questo sia vero: è ciò che un uomo senza nome e senza passato, stanco fisicamente e mentalmente, perennemente seduto a un tavolo in fondo a un ristorante, cerca di far capire alle persone che vengono a incontrarlo per chiedergli soluzioni ai loro problemi. Tutto si può ottenere, ma il prezzo è alto e si può sempre rinunciare ad eseguire i compiti (spesso spregevoli) che vengono proposti, semplicemente trovando il coraggio di affrontare la vita per come è...

E' molto bello lo spunto di partenza di The Place, e non m'interessa più di tanto sapere se il merito sia del regista Paolo Genovese (e della co-sceneggiatrice Isabella Aguilar) oppure della serie televisiva a cui il film è dichiaratamente ispirato (The booth at the end, che non ho visto). Quello che più mi colpisce è che invece, a mio modestissimo parere, in pochi abbiano davvero capito il messaggio del film, ovvero non tanto il dilemma su quale prezzo siamo disposti a pagare per ottenere qualcosa, quanto la consapevolezza che l'uomo ha sempre la possibilità di scegliere: il diabolico (e bravissimo) Valerio Mastandrea lo ricorda quasi ogni volta ai suoi "clienti", ma questi non ci sentono. Tutti vogliono da lui la soluzione immediata ai loro problemi, ma quasi nessuno capisce che può trovarla dentro di sè, scegliendo la strada in apparenza più difficile, quella che porta a rimboccarsi le maniche e guardare in faccia i problemi.

Si può ben dire che The Place sia la versione "dark" del precedente film del regista: nove "perfetti sconosciuti" scoprono (qualcuno troppo tardi) quanto davvero poco conoscono le persone che gli stanno intorno, conseguenza evidente del fatto che fingono di conoscere poco perfino loro stessi, costringendosi a rivolgersi a uno sconosciuto per ascoltare ciò che non vorrebbero mai sentire. The Place è un film corale, sembra davvero teatro da camera, tutto girato nella stessa unità di luogo: l'azione è solo raccontata ma mai mostrata, il ristorante diventa il centro del mondo, il tribunale della vita, il luogo deputato a mettere in scena la miseria umana e morale dei personaggi (molto pirandelliani) che gravitano intorno al loro tetro mentore...

Non tutto funziona, è giusto dirlo. Gli interpreti sono credibili, ma non tutti i loro personaggi e le loro storie. Qualcuno è abbastanza pleonastico, per non dire controproducente alla statura del film (vogliamo bene a Sabrina Ferilli, ma a lei viene riservato l'ingrato compito di chiudere i giochi con un epilogo tanto posticcio quanto insulso, che stride pesantemente con quanto di buono si era visto fino allora), mentre anche la sceneggiatura spesso si incarta su se stessa rendendo il film un po' ripetitivo e prolisso (diciamo che qualche minuto in meno avrebbe giovato), dove la retorica e il pietismo, seppur tenuti sotto controllo, sono sempre in agguato.

Malgrado tutto, ritengo comunque The Place un film coraggioso e riuscito, un film dalla struttura universale e in controtendenza rispetto all'omologato panorama italiano, dove evidentemente l'ottimo cast dà una grossa mano a nascondere le pecche di cui sopra. Paolo Genovese è un cineasta intelligente, consapevole dei propri mezzi e dei propri limiti. E le sue pellicole sono validi esempi di un buon "cinema medio" di cui, opinione personale, in Italia abbiamo tanto bisogno per riportare la gente ad affollare le sale.

 

14 commenti:

  1. A me è piaciuta anche la Ferilli. E'il personaggio che fa da cornice al film, che dà un senso proprio a quello che dici te (una donna/persona che sa affrontare la vita). Sul resto concordo assolutamente!

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    1. E' proprio la "cornice" che ho trovato superflua, mi è sembrato (quello della Ferilli) un personaggio "buonista" un po' scollegato dal film...

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  2. Interessante la questione che pone il film e che sottolinei così bene Sauro. Mi hai fatto pensare ad un discorso che ho provato varie volte a fare a talune persone ma ovviamente c'è chi comprendeva che volessi giudicare.
    Spiego facendo un esempio facile facile: la scelta di Peppino Impastato di diventare un eroe, perché tale era, non è stata facile, per nulla, essere buoni non è mai facile, anche se c'è chi pensa il contrario, soprattutto in certe circostanze. Quando sento dire:"ma sai certe persone vivono in certi ambienti è normale, ecc."
    Io rispondo: "Vero è difficile vivere in certi ambienti, molto difficile, però c'è chi ha scelto una strada diversa, difficile dolorosa, quindi una scelta diversa c'è. Non facile. Io capisco chi non ce la fa, lo capisco, ma non giustifico, soprattutto chi sceglie la strada della criminalità. Passi chi subisce il pizzo il silenzio, quelli vanno compatiti e basta."
    Scusa spero di essermi spiegata.
    E comunque lo spunto non credo venga dalla suddetta serie tv. So che i fan fanatici credono che venga tutto da una determinata cosa ma personalmente mi pare una tematica vecchia come il mondo, mi era venuta in mente una storia simile dove vi era una specie di diavolo al posto del personaggio di Mastandrea. Forse è l'avvocato del Diavolo ma non sono sicurissima. Forse era anche un altro film su Napoleone, dei nani e un piccolo diavoletto, non ricordo il titolo...
    Non posso negare che mi sia venuta in mente anche in Fringe, dove padre e figlio fanno scelte diverse, il primo la più facile, il secondo la più difficile e ovviamente per molti scegliere di fare la cosa giusta è facile...
    Vabbè scusa il malloppo.
    Gran bel film davvero, è bello sapere che il cinema italiano sia così vivo anche se c'è chi dice il contrario...

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    1. Sono d'accordo. Infatti nemmeno io capisco perchè per certa critica sia così importante ogni volta ricercare le origini e le affinità del soggetto. Qualcuno ha addirittura parlato di "plagio" (!), quando invece il nome della miniserie cui è "liberamente" tratto il film è citato fin dai titoli di testa... che poi, se vogliamo dirla tutta, condensare in un'ora e mezza il contenuto di una serie forse è ancora più difficile che mettere in scena il progetto originale. Ad ogni modo quello che conta è ciò che viene mostrato e il messaggio che che ci arriva, e poco importa se il "plot" viene ripreso da altri schemi. Ennio Morricone ama dire che "le note sono solo sette" ed è difficilissimo trovare sempre qualcosa di nuovo...
      Sulla prima parte del tuo intervento condivido pienamente: tra "comprendere" e "giustificare" c'è una bella differenza, che poi è anche quello che emerge da questo film.

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    2. Purtroppo è davvero un plagio: una serie americana semisconosciuta e della durata di 2 ore tradotta in italiano. Non hanno nemmeno fatto lo sforzo di adattarla. La serie di chiama The Booth at the End, forse quando hanno deciso di copiarla non pensavano sarebbe uscita su Netflix...

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    3. Cara Silvia, c'è chi dice il contrario perchè questo film ha preso una serie AMERICANA di 2 ore (8 puntate da 15 minuti) e l'ha tradotta in italiano. Di originale non c'è quasi nulla. Di vivo e vitale ancora meno. Infatti ho letto che li hanno già denunciati per plagio.
      Sono riusciti a prendere in giro un po' tutti perchè la serie, The Booth at the End, era semisconosciuta.
      Comunque mettendo 10 grandi attori in cartellone e facendosi distribuire in 500 sale per 3 settimane sono riusciti almeno a fare 4 milioni al botteghino, ma uno dei film peggiori e di incasso più basso di Genovese. Spero che al prossimo ritorni all'originalità di Perfetti Sconosciuti

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    4. Ciao Mario, non capisco perché tu te la sia presa per il mio commento. Se è vera la storia del plagio e, non lo metto in dubbio, penso che sia giusto che gli autori della suddetta serie facciano causa. Purtroppo non è la prima volta che succede. E' un peccato perché l'idea era bella ma a quanto pare di qualcun altro.

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    5. Io consiglio, pacatamente, di leggere prima di commentare. Comunque lo riscrivo anche qui: NON CAPISCO COME SI POSSA PARLARE DI "PLAGIO" QUANDO IL NOME DELLA SERIE A CUI SI ISPIRA IL FILM E' BEN CITATO FIN DAI TITOLI DI TESTA. Detto questo, ribadisco la mia difficoltà a capire il motivo per cui per molti è fondamentale l'origine della sceneggiatura... per me quello che conta sono le sensazioni e, soprattutto, le discussioni e le riflessioni che suscita il film. Che, per carità, può piacere o non piacere, ma giudicarlo in base agli incassi lo trovo poco coerente: è vero che ci sono tanti attori famosi, ma di sicuro non è un film per il grande pubblico. I 4 milioni raggrenellati al botteghino li trovo in linea con le aspettative

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  3. Non mi è dispiaciuto, ma fa fatica a spiccare il volo. Il cast è buono però manca la scintilla che te lo fa amare o odiare, l'ho trovato impersonale e poco coinvolgente, non so se mi spiego. Mi ha ricordato lo stile e le tematiche di Haneke, ma senza la carica angosciante e morbosa dei suoi film

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    1. Beh... Haneke è Haneke, il paragone così è un po' impietoso! Comunque, anche senza scomodare il grande cineasta austriaco, direi che come in tutti i film corali anche qui ci sono personaggi più o meno riusciti (forse è meglio dire "scritti") che coinvolgono o no a seconda del loro spessore. Io comunque non ho trovato assolutamente noioso il film, anche se forse avrei tagliato qualche minuto a mio avviso non necessario. Comunque capisco la tua critica.

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  4. Io penso che girare un film così, con un'unica location e basato soltanto sui dialoghi, non sia assolutamente facile. Complimenti a chi ha scritto la sceneggiatura, io non mi sono staccato dalla poltrona e l'ho trovato assolutamente scorrevole. Non è un capolavoro, ma è fatto molto bene.
    Buona giornata!
    Mauro

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    1. Grande Mauro, mi fa piacere che ti abbia "preso" così tanto... i gusti sono gusti!
      Grazie per il puntualissimo commento ;)

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  5. A me non è dispiaciuto, visto tra l'altro poco tempo fa. Il libero arbitrio, la scelta, un messaggio che a me è arrivato. Un finale che non mi ha convinto, mi è piaciuto Mastandrea, l'ho trovato perfetto e la trovata della vecchietta che quasi quasi la bomba voleva metterla lì nel bar, non so se te lo ricordi...😂

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    1. L'ho rivisto anch'io di recente e devo dire di averlo rivalutato: Mastandrea più passa il tempo più diventa bravo, ma è il film stesso ad essere invecchiato bene. È un film che ti "entra dentro" e ti fa riflettere sulle scelte della vita, che se avessimo un minimo di coraggio sarebbero più facili da intraprendere. Grazie per avermelo farto tornare a mente :)

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