sabato 4 febbraio 2017

SILENCE

(id.)
regia: Martin Scorsese (Usa, 2016)
cast: Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Issei Ogata, Tadanobu Asano, Shinja Tsukamoto, Yosuke Kubozuka, Ciaran Hinds
sceneggiatura: Jay Cocks, Martin Scorsese
fotografia: Rodrigo Prieto
scenografia: Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo
montaggio: Thelma Schoonmaker
musica: Kim Allen Kluge, Kathryn Kluge
durata: 161 minuti
giudizio: 


trama:  Nel XVII secolo due giovani gesuiti portoghesi partono per il Giappone alla ricerca del loro mentore Padre Ferreira, che secondo alcune testimonianze parrebbe aver abiurato la propria fede in favore del buddismo. Arrivati nel paese del Sol Levante incontreranno la sparuta comunità cristiana, la cui religione è considerata fuorilegge dal governo locale e soggetta a cruente e spietate persecuzioni.


dico la mia:  Martin Scorsese non ha mai fatto mistero di aver cullato in gioventù l'idea di entrare in seminario, perchè come ama spesso ripetere "nella New York degli anni '50 o diventavi gangster o diventavi prete..." Alla fine, per nostra fortuna, ha deciso di rinunciare all'abito talare per dedicarsi al cinema, ma i temi della fede e della religiosità, scandagliati nel loro aspetto più terreno ed "umano", non gli sono mai usciti dalla testa. Nella New York degli anni '50 i boss mafiosi uccidevano persone, torturavano la gente inerme, riscuotevano il pizzo e davano fuoco ai locali di chi si ribellava... eppure la domenica li ritrovavi tutti insieme a messa, a ricevere i sacramenti e a giurare devozione a Dio mentre accarezzavano la testa delle loro mogli e dei loro figli.

Per questo Silence può essere considerato il film più intimo e sofferto del celebre regista italo-americano: è il suo film-testamento, dove Scorsese a trent'anni di distanza da L'ultima tentazione di Cristo s'interroga (ancora) sull'esistenza di Dio, su come le religioni possano condizionare la vita terrena ed essere più o meno strumentalizzate dagli uomini per fini materiali, e su quanto la luce di Dio, come insinuava Alejandro Gonzalez Inarritu nel suo "frammento" di 11.09.2001, possa illuminare o abbagliare la nostra vita.

Tratto dal romanzo omonimo di Shusaku Endo, che lo sceneggiatore Jay Cocks ha fedelmente riadattato per il grande schermo, Silence è la storia di due giovani gesuiti portoghesi, Rodrigues e Garupe, che nel tardo 1600 intraprendono un lungo viaggio in Giappone per ritrovare il loro Maestro, Padre Ferreira, sul quale girano da tempo voci di apostasia. Sbarcati sulle coste nipponiche ed incontrata la piccola e impaurita comunità cristiana, considerata fuorilegge e vittima di indicibili vessazioni, il film da quel momento si concentra soprattutto sulla vicenda di Rodrigues, che verrà (quasi) subito catturato dalle autorità locali e si trasformerà in un nuovo Cristo, costretto ad affrontare una propria personalissima Via Crucis: sottoposto a continui arresti, torture, ricatti, provocazioni, si ritroverà a dubitare della propria missione e, di conseguenza, della propria fede... e malgrado egli sia consapevole di recitare in quel momento lo stesso ruolo di Cristo (tanto da vederlo riflesso in acqua, mentre si specchia nel fiume) non potrà non interrogarsi sull'utilità di diventare un martire in nome di un integralismo religioso che rischia di trasformarsi in fanatismo.

Perchè è facile, sembra dirci Scorsese, essere credenti, devoti, avere una fede pura e incrollabile quando questa non è mai messa in discussione. Ma vale davvero la pena perseguirla fino alla morte, in un contesto ostile, dove si viene perseguitati ed uccisi in nome di un Dio che (forse) non è davvero così misericordioso se condanna la sua gente a tali sofferenze? Dubitare è umano, così come è umanissima la figura di Rodrigues, che progressivamente si allontana dalla fede e dalle proprie certezze finendo per rinnegare quel Dio che, pregato in invocato allo sfinimento, si rifiuta di rispondere. Non ci sono rumori, non ci sono musiche, non c'è colonna sonora: resta solo il silenzio, perchè Dio non c'è più. E forse non c'è mai stato.


Silence è un film enorme, importantissimo, coraggioso, che ti obbliga a riflettere e pensare e induce a innumerevoli riflessioni. Una su tutte: il confine tra proselitismo e oppressione, tolleranza e rispetto. E' giusto provare convertire il prossimo? Tentare di fargli cambiare idea? Vale sempre la pena provare a imporre le nostre convinzioni? E fin dove ci possiamo spingere per non invadere la sfera di tolleranza dell'altro? Sono domande che durante i 161 minuti del film (che scorrono via d'un fiato) spesso ci sovvengono e meritano risposte. Scorsese dirige con passione e rigore, non risparmiandoci nulla delle sofferenze e delle torture che si susseguono nel racconto ma non sconfinando mai nella gratuità. Silence è il film che voleva girare da una vita ma finora non gli era mai stato permesso, e probabilmente ha anche dovuto ingoiare qualche piccolo rospo (non penso che Andrew Garfield fosse stata la prima scelta del regista, e la sua interpretazione un po' "legnosetta" è l'unica pecca di un film altrimenti perfetto) che però non incide assolutamente sul risultato.

Con Silence il 75enne Scorsese costruisce un'opera destinata a resistere al tempo e alle critiche (non tutte benevole, specie in patria). Normale, quando si parla di un film che è anche dichiaratamente politico e che inchioda i governi e i padri spirituali alle loro responsabilità: le religioni (tutte, Cristianesimo e Buddismo comprese) nel corso della loro storia hanno commesso innumerevoli delitti e atrocità in nome di un Dio che troppo spesso serviva a nascondere meschini interessi terreni. E oggi come ieri, purtroppo, la storia non sembra cambiare mai.

12 commenti:

  1. Grande recensione per un grande film, che finalmente ho potuto vedere al cinema!
    Un abbraccio e buona serata.
    Mauro

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    1. Sono contento, Mauro. Questo è proprio un film da vedere ASSOLUTAMENTE al cinema.

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  2. Io, come già ti dicevo su fb, ho trovato sconclusionato il finale. Ma ora che leggo il tuo commento ho anche capito che io ci ho letto tutt'altre intenzioni in quasi ogni parte del racconto. Per cui se riesco ne scriverò... che spiegarmi in un commento diventa difficile ;)

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    1. E io leggerò attentamente quello che scrivi... il fatto, poi, che tu abbia letto tutt'altre cose rispetto a me è comunque la riprova della grande profondità e complessità del film

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  3. Ottima analisi per un film molto complesso e non certo da prendere a cuor leggero. Io, da credente, potrei opporre qualche critica alla consueta visione scorsesiana della religione, per lui una specie di "usanza" buona per giustificare tutto... ma aldilà di questo ne riconosco l'integrità e l'onestà morale, oltre a riconoscere il valore dei concetti e delle domande che scaturiscono dal film, che tu hai messo bene in evidenza

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    1. Ma sai... io non ci vedo proprio tutta questa critica alla religione: in fin dei conti nessuno dei cristiani del film ha paura di morire malgrado le torture, proprio perchè credono in un futuro roseo oltre la morte. Scorsese, pur non credente, ha il massimo rispetto per chi invece è devoto a Dio.

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  4. Non so ancora se vederlo o no, temo la sua mole, la sua tematica, la parte relativa a martirio e tortura, la regia di Scorsese che non è sempre di mio gradimento. Temo di rovinarmi la serata insomma. Però c'è anche una vocina cinefila coraggiosa dentro di me che mi suggerisce di andare in sala...

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    1. Io ti consiglio vivamente di andarci, Margherita. Anche a me spaventavano un po' la "mole" e la complessità del film, ma ti assicuro che i 161 minuti scorrono via davvero fluidi, oltre a farti positivamente riflettere su tante cose.

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  5. Come sai, anche se leggermente più basso nel mero voto, l'ho trovato potente ed importante quanto te.
    Gran pezzo, tra l'altro.

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    1. Grazie mille!
      In realtà una mezza stellina in meno poteva starci... poichè l'interpretazione di Garfield è tutt'altro che memorabile (molto più bravo Adam Driver, sarebbe stato più giusto uno scambio di ruoli) però ho preferito "allargarmi" al voto pieno perchè di film così sontuosi, complessi e importanti ormai se ne fanno davvero pochi. E mi sembrava giusto premiare il "coraggio".

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  6. E' stata una visione sublime... Mi ha lasciato in silenzio

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