domenica 18 novembre 2012

FESTIVAL DI ROMA, OVVERO DELLA MEDIOCRITA'

Diversi lettori mi hanno scritto chiedendomi perchè non parlo mai del Festival di Roma: in effetti è vero, e potrei rispondere, semplicemente, che non ne parlo perchè non vi ho mai partecipato. Problemi di tempo, di lavoro, di ferie che non posso prendere quando voglio... Eppure non nego che mi piacerebbe trascorrere almeno un weekend nella Capitale, giusto per vedere 'l'aria che tira'. E magari prima o poi lo farò. Ma finora niente, anche perchè la ragione vera della mia indifferenza è dovuta soprattutto allo scarso 'appeal' di questa manifestazione, che non riesce a trovare la strada per diventare 'grande'. Ammesso che lo voglia davvero...

Il Festival di Roma nasce nel 2006, fortissimamente voluto da Walter Veltroni, il sindaco più cinefilo che Roma abbia mai avuto (più cinefilo che sindaco, a detta di qualcuno...). L'idea era quella di organizzare una rassegna che avrebbe dovuto rivolgersi al grande pubblico, con film di qualità ma non di nicchia, a prezzi economici e tante iniziative per avvicinare gli spettatori e farne un evento più 'popolare' possibile. Non a caso all'inizio la denominazione ufficiale era 'Festa' e non 'Festival', proprio a rimarcarne il carattere ludico e giocoso...

I problemi però nacquero subito: innanzitutto per la collocazione in calendario scelta (fine ottobre/inizio novembre) che suscitò immediatamente l'ira degli organizzatori della Mostra di Venezia, che vedevano come fumo negli occhi la nascita di un pericoloso concorrente (nonostante le poco credibili dichiarazioni di 'non belligeranza' pronunciate da Veltroni), ma anche per l'oggettiva difficoltà di portare a Roma star internazionali in grado di far decollare l'evento (specialmente quelle americane, sempre restìe a voli transoceanici poco remunerativi). Tuttavia bisogna riconoscere che nei primi anni qualche buon titolo lo abbiamo visto: sono passati dalla Capitale film belli e importanti come The Prestige, This is England, Juno, Onora il padre e la madre, Il vento fa il suo giro...

Poi, però, dopo un biennio di 'rodaggio' si arriva al 2008, ovvero l'anno-zero per il centrosinistra: in pochi mesi la geografia politica italiana cambia radicalmente: il debole governo Prodi crolla lacerato dalle lotte intestine, Walter Veltroni si immola a vittima sacrificale, abbandonando la carica di sindaco e accettando di sfidare Berlusconi in una missione impossibile, vale a dire le nuove elezioni. Tutti ricordiamo come finì: Veltroni venne sonoramente sconfitto alle politiche mentre, per la prima volta nella storia, Roma elesse un sindaco dichiaratamente di destra nella persona di Gianni Alemanno, salutata dai clacson di giubilo dei tassisti.

E anche per la neonata Festa il cambiamento non passò inosservato: Alemanno, da bravo e pragmatico ex-camerata, non usò giri di parole per far intendere che del giocattolino veltroniano non gliene poteva fregare di meno: non garantiva alcun guadagno (anzi...) e non c'era ragione di tenerlo in vita. Ma poi, raccattato di malavoglia qualche spicciolo da parte degli sponsor, e anche per non essere additato come il tipico sindaco rozzo e fascista che fa a pezzi la cultura, la rassegna continuò. Ovviamente nel segno della Destra e del conservatorismo: fatta fuori ogni velleità di rivolgersi al pubblico giovane e cinefilo (chiaramente di sinistra), al timone della presidenza viene nominato l'ottantaseienne Gian Luigi Rondi, che imprime una svolta da par suo: per prima cosa cambia il nome, che passa da 'Festa' a 'Festival' per accentuarne il carattere competitivo, sfoltisce drasticamente il numero dei film partecipanti e, appunto, la fa diventare una competizione con varie sezioni. Esattamente come Cannes, Berlino, Locarno e, ahimè, Venezia...

Già, Venezia. A questo punto la 'guerra' tra i due festival diventa dichiarata ed esplode nel più becero campanilismo italico: le due rassegne si 'rubano' i film a vicenda, con conseguenti feroci polemiche. Il ministro della Cultura, il veneto Galan, dichiara che 'in Italia un festival del cinema basta e avanza' (lascio a voi indovinare quale...). Alemanno risponde che lui non vede nemmeno con la lente d'ingrandimento i munifici contributi statali che arrivano in laguna, e che la sua manifestazione è finanziata quasi totalmente dagli sponsor. Dal Lido rispondono a loro volta che finchè il clima è questo, di collaborazione non se ne parla. Alla fine si arriva a una 'tregua armata': Roma accetterà di spostare 'un pochino' in avanti la sua collocazione in calendario, Venezia garantisce che non interferirà sulle selezioni. Sarà così? La risposta è ancora più retorica della domanda... lo dimostra, è storia recente, il 'ratto' del nuovo direttore artistico Marco Muller, in rotta con gli organizzatori veneziani e sbarcato in pompa magna sulle rive del Tevere.

Fattostà che il Festival di Roma oggi è esattamente quello di quattro anni fa: una creatura ibrida, nè carne nè pesce, malvoluta dalla politica, non troppo sentita dal pubblico, troppo grande per essere un festival di nicchia e troppo piccolo per competere con le grandi e storiche rassegne cinefile. Qualche buon film lo si vede ancora, ma quasi tutti fuori concorso e invitati dai (pochi) sponsor. Di star se ne vedono pochine, il tappeto rosso è troppo spesso desolatamente calpestato da carneadi, i prezzi non sono più così bassi come prima. Ma il vero problema è il Concorso, ovvero la sezione competitiva, 'anima' di qualsiasi festival: qualche film discreto, qualche titolo di buon livello che si eleva sopra la media, ma nel complesso una selezione scarsina e poco appetibile. Del resto, basta scorrere l'albo d'oro per rendersene conto...

Già, l'albo d'oro. Sono di queste ore le feroci polemiche sul verdetto, a detta di tanti 'ignobile', soprattutto verso E la chiamano estate di Paolo Franchi (ma molti non hanno gradito nemmeno il vincitore, Marfa Girl). Non avendo visto nessun film, ovviamente non mi pronuncio. Ma mi permetto di insinuare una cosa: è un vecchio trucco, in tempi di vacche magre (cinematograficamente parlando) quello di premiare film controversi, scandalosi, o magari semplicemente brutti, allo scopo di catalizzare l'opinione pubblica e fare pubblicità gratuita alla rassegna. Insomma, il vecchio detto 'parlatene male purchè ne parliate' è sempre valido. Soprattutto per un festival sempre più mediocre e sempre più ignorato dai media.
E, lasciatemelo dire, anche abbastanza inutile. Almeno per come è adesso.

9 commenti:

  1. Credo che si confonda il contenuto con il contenitore. Mi sembra ingiusto denigrare i buoni film proiettati per una questione di principio. Non posso dire che certi film sono mediocri solo perché sono stati a Roma. Ne ho visti alcuni molto belli (e alcuni molto brutti, ovvio). Quello che ho fatto io è stato vedere (e coprire in un lavoro di squadra decisamente duro) i film che so che non usciranno in sala, sia per arricchimento personale, sia per dar loro visibilità. Ho sempre trovato parecchia gente, le sale erano quasi sempre piene, sia di semplici appassionati che di giornalisti e studenti (del resto, i biglietti partivano dai tre euro in su; gli accrediti dai trenta, ai quarantacinque, ai sessanta euro. Solo i professionisti pagavano cento). Credo, in generale, che la qualità di un festival non si misuri dalle star o dai red carpet. Per esempio, ho visto due film che mi hanno rapito, belli e profondi, entrambi indipendenti: dubito che il cast abbia fatto il red carpet, ma ciò non vuol dire che i film siano stati brutti. Tutt'altro. Insomma, al di là delle beghe politiche (che mi ripugnano), il Festival di Roma è un modo per portare cinema in Italia. Tra poco ci sarà Torino, il che vuol dire che ci sarà altro cinema in Italia. E per cinema intendo: molte cose in più rispetto a quello che la distribuzione farà trapelare. Quest'anno, per un giudizio generale, ho trovato situazioni aberranti (come l'ammissione di certi film) e situazioni di qualità. Rimango del mio parere: il Festival non è garanzia di qualità. I film sono belli o brutti a prescindere da dove vanno a finire. Il Festival veicola soltanto. E spero francamente che, ora che se ne è sentito parlare, molti si vadano a cercare Alì ha gli occhi azzurri, o Pezzi, o Milleunanotte o cose che rendono vivo il nostro cinema. The Master ha vinto tre premi a Venezia e il grande pubblico, però, non lo sta affatto ripagando.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Veronica. Il mio aggettivo 'mediocre' è riferito proprio al contenitore, non certo ai film in gara (che, ripeto, non avendone visto nessuno non posso giudicare). Il Festival di Roma è una rassegna 'mediocre' nel senso letterale del termine, vale a dire sospesa in un limbo senza ancora aver trovato la giusta dimensione, che forse non troverà mai.

      Lo ripeto: a mio modestissimo parere il Festival così come è strutturato come adesso non ha alcun senso. Non ha i mezzi per competere con i grandi festival, ed è troppo generalista per essere etichettato come una manifestazione 'di nicchia'. Tu parli, giustamente, del Festival di Torino che partirà a breve: ebbene, Torino ha una storia e un target di riferimento ben preciso, è un festival piccolo ma che sa bene dove andare a parare, puntando su opere particolarissime (perlopiù prime o seconde) selezionate con assidua dedizione in tutto il mondo. Il Festival di Torino è l'equivalente nostrano del Festival di Locarno: una manifestazione piccola ma molto 'aggressiva' e ben organizzata, che da sempre si occupa di cinema 'alternativo' e spesso dimenticato.

      Roma invece è una manifestazione che VORREBBE diventare grande, ma non può. E' vero che la qualità non si giudica dalle star in passerella, ma è altrettanto vero che un Festival diventa importante solo quando è in grado di offrire una degna rilevanza internazionale. E per farlo ci vogliono i 'nomi', c'è poco da fare: se tu hai dato un'occhiata ai media di questi giorni, ti sarai accorta che all'estero del Festival di Roma non ne parla nessuno... Come ho già scritto, l'importanza di un Festival si giudica soprattutto dai film IN CONCORSO, perchè il Concorso è il 'sale' di qualunque premio cinefilo: e i film in concorso a Roma non hanno mai sfondato. Mai.

      Hai ragione tu: i film belli, piccoli e invisibili, quelli che mai si vedranno sui nostri schermi (purtroppo) ci sono in qualunque festival. Ma a Roma il problema è che... si rischia di non vedere nemmeno quelli che avranno una distribuzione, perchè la risonanza mediatica del festival di Roma è prossima allo zero! E allora torno a ripetere: che senso ha una rassegna così? I festival servono (o dovrebbero servire) a promuovere i titoli che ospitano, ma se questo scopo viene meno allora siamo di fronte a una vetrina inutile. Io almeno la vedo così.

      Elimina
  2. Kelvin, hai dimenticato di citare le inevitabili polemiche tra il festival di Roma e il trentennale Torino Film Festival, che inizierà esattamente venerdì, quindi ad una sola settimana di distanza. Polemiche che saranno destinate a ripetersi anche l'anno prossimo, per l'esiguo intervallo di tempo che corre tra i due festival. Anche se Torino continua ad essere considerato un evento minore, probabilmente perchè mancano i fasti, il tappeto rosso, la passerella dei divi o presunti tali, e tutte quelle cose che sembrano necessarie per dare risalto ad un festival.

    RispondiElimina
  3. Cara poison, diciamo che ho volutamente evitato quest'altro discorso... altrimenti il post sarebbe diventato chilometrico! Però hai ovviamente ragione, anche il Festival di Torino (manifestazione piccola ma molto interessante e ben organizzata, per non dire 'alternativa', vedi sopra) di sicuro non ha beneficiato dell'imbarazzante vicinanza del baraccone romano. Piazzare due manifestazioni a una settimana di distanza l'una dall'altra è assurdo e controproducente... e di certo non si può incolpare una rassegna che esiste da trent'anni!
    Grazie per il commento e... se partecipi al TFF facci sapere quello che vedrai!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Essendo di Torino non partecipare al TFF - che seguo dai suoi esordi, quando ancora si chiamava Festival Cinema Giovani - sarebbe un sacrilegio!
      Quest'anno mi sono presa addirittura la settimana di ferie, per non essere costretta a fare i salti mortali come negli anni passati!

      Elimina
    2. E io che pensavo di essere l'unico che prende le ferie per andare ai festival... grandissima! :-) buon divertimento!

      Elimina
  4. Domanda forse troppo banale e scontata per essere seria... ma il Festival di Roma non lo si potrebbe fare in primavera? Verso marzo-aprile? Così, se proprio deve dare fastidio a qualcuno lo darebbe al Festival di Cannes! Un po' di sano campanilismo, cribbio! :-D
    Mauro

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mauro, guarda che la tua proposta non è affatto una boutade: io lo sostengo da anni... se proprio dobbiamo tenerci il Festival di Roma, perchè dobbiamo farci la guerra in casa? L'autunno è il periodo più 'ingolfato' dell'anno in fatto di rassegne cinematografiche, e allora perchè non spostarlo in primavera inoltrata, quando tra l'altro si è già 'sgonfiato' l'effetto Oscar e c'è un po' più spazio (soprattutto) per il nostro cinema? E se poi 'disturba' i francesi, tanto meglio... :-)

      Elimina
  5. Tra l'altro, sono proprio curioso di vedere gli incassi di 'E la chiamano estate', uscito questo weekend... vediamo quanto vale 'l'effetto-traino del Festival di Roma.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...