mercoledì 31 agosto 2011

CI VEDIAMO A VENEZIA !!

Per chi volesse seguirmi... anche quest'anno, come sempre, sarò a Venezia a seguire la 68. Mostra. Se anche qualcuno di voi lettori ha intenzione di raggiungere il Lido mi faccia un fischio, ci metteremo in contatto!

amori cinefili / SAOIRSE RONAN

Il suo nome in gaelico significa 'libertà' , e ne va molto fiera: del nome, e delle sue origini irlandesi intendo. Perchè Saoirse Ronan è irlandese purosangue, e nonostante il successo, la nomination all'Oscar e i copioni che le cadono a pioggia sulla testa, continua per scelta a vivere in un minuscolo villaggio della sue terra natìa: un posto dove 'si conoscono tutti' e dove si può sempre camminare per strada senza essere troppo infastiditi dai fan...

Sì, perchè anche se non è ancora maggiorenne (è nata il 12 aprile 1994), la piccola Saoirse ha già fatto breccia a Hollywood, dove è considerata un'attrice di enorme talento, oltre che una stella di prima grandezza: niente male per una ragazzina così giovane eppure già così 'magnetica'. Del resto gli spettatori più attenti se n'erano accorti fin dal 2008, quando la dodicenne (!) irlandese tenne testa brillantemente nientepopodimenoche a Keira Knightley, interpretando il ruolo della sorella minore in Espiazione di Joe Wright, che le fece addirittura sfiorare l'Oscar come miglior attrice non protagonista.

Ma, senza nemmeno andare troppo indietro, tutti la ricorderete certamente nel suo ruolo più bello e complesso: quello della tenerissima e sensibile Suzie Salmon in Amabili resti di Peter Jackson. Grandissima ed emozionante l'intepretazione della Ronan, nella parte di una giovanissima studentessa che viene adescata e uccisa da un maniaco, e che cerca di far scoprire il suo assassino lanciando segnali dall'aldilà. Il film è tutto costruito su di lei, e grande è il merito di Saoirse nel non far scadere nel grottesco una storia terribilmente difficile da portare sul grande schermo.

La ragazzina è brava, decisamente. Ed ha una volontà di ferro, unita a un'intelligenza fuori del comune: ha un proprio manager al seguito ma sceglie i copioni esclusivamente da sola (nemmeno i genitori hanno voce in capitolo!), basandosi su personaggi non convenzionali e anche rischiosi, oltre che diversissimi tra loro. Ne è la prova la sua performance tutta 'muscoli' in Hanna, dove veste i panni di una piccola Nikita biondo platino alle prese con un intrigo internazionale ben più grande di lei. Ma prossimamente la rivedremo anche sul set de Lo Hobbit,  sempre di Peter Jackson, nonchè ne L'Ospite (tratto dall'ultimo bestseller di Stephanie Meyer, quella di Twilight). E in mille altre parti ancora... l'agenda è davvero fittissima!


Capelli biondissimi, corporatura filiforme, due occhi meravigliosi e dolcissimi che hanno già 'stregato' milioni di spettatori. Segnatevi il nome di questo piccolo angelo: questa scheda è 'work in progress' come poche... di Saoirse Ronan ne sentiremo parlare ancora. Eccome!

martedì 16 agosto 2011

IN UN MONDO MIGLIORE (Danimarca, 2010) di Susanne Bier

La Danimarca non è la Norvegia, e sarebbe tremendamente sbagliato generalizzare. Tuttavia non posso negare che la visione di questo film è stata inevitabilmente condizionata dai tragici fatti di Oslo. E confesso anche che, pur non avendo mai messo piede da quelle parti, probabilmente è vero che il 'profondo nord' dell'Europa non è affatto quel paradiso di civiltà che tutti finora avevamo immaginato. E non c'è bisogno di scomodare ulteriormente gli avvenimenti sanguinosi di questi giorni: altri indizi comparsi in tempo recente lo stanno a testimoniare: si pensi all'improvvisa 'invasione' di letteratura giallo-horror proveniente dalla vicina Svezia, a un certo tipo di musica leggera, ai film... di Lars Von Trier e, appunto, della connazionale Susanne Bier!

Nessun posto è un paradiso. E in nessun posto possiamo trovare un mondo migliore di quello che ci siamo costruiti. La sintesi è un po' grossolana ma efficace. Tutta la pellicola della Bier si regge su una metafora abbastanza semplice da capire: sia che ci troviamo nella selvaggia Africa dilaniata dalle guerre intestine, sia nella democraticissima Danimarca, i peggiori istinti umani possono portare a una spirale di violenza senza fine, partendo spesso di episodi tanto banali quanto scatenanti. Noi occidentali, per riprendere una celebre frase di Ermanno Olmi (vedi qualche post più sotto), non siamo migliori di altri e non abbiamo 'patenti' per insegnare a stare al mondo.


                                                                                                                                                                                    I protagonisti di In un mondo migliore sono due bimbi: uno, Elias, è timido e introverso, continuamente vessato dai compagni di classe. Poi c'è Cristian, appena rientrato in Danimarca dopo la morte della mamma a causa di un tumore. Entrambi hanno due padri estremamente problematici: quello di Elias si sta separando dalla moglie, che non vede mai a causa della sua professione (è medico-missionario in Africa). L'altro invece non riesce a elaborare il lutto e, soprattutto, non comunica più con il figlioletto, che cresce carico di odio e risentimento verso il padre assente e, di riflesso, verso il mondo che lo circonda. Cristian conosce Elias durante un litigio tra quest'ultimo e i 'bulli' della scuola: lo difende e lo salva dall'ennesima umiliazione. I due ragazzi cominciano a frequentarsi, ma il carattere rancoroso e arrabbiato di Cristian condizionerà anche il più mite compagno di giochi, introducendolo a un'escalation di piccoli dispetti e violenze che via via si faranno sempre più pesanti...

Susanne Bier
Il film, pur risentendo di un certo didascalismo e di certi 'virtuosismi' non richiesti (vedi l'insistito e, secondo me, inutile uso della camera a spalla: si vede che è un marchio di fabbrica in Danimarca - Von Trier docet) regge molto bene la tensione e lo spaesamento che intende instaurare nello spettatore. Molto inquietante soprattutto nel descrivere il rapporto quasi morboso che si crea tra i due ragazzi, costringendo abilmente chi guarda a interrogarsi sull'uso irrazionale della violenza, spesso causata dal comportamento di altri, nella fattispecie dal lassismo dei due padri inetti. Inevitabile a questo punto l'accostamento con Il nastro bianco di Michael Haneke, premiato a Cannes un paio di stagioni fa e dal quale, a mio modesto parere, il film della Bier attinge a piene mani.

Peccato però che In un mondo migliore non mantenga fino in fondo la glacialità e la compattezza del capolavoro di Haneke, complice l'uso spesso ridondante della musica (completamente assente e spiazzante nel film austriaco), e di un finale troppo 'telefonato' e buonista che stride non poco con quanto mostrato prima.

VOTO: * * *

martedì 9 agosto 2011

TIRANDO LE SOMME: I 'TOP' DELLA STAGIONE 2010/2011 (cliccare sul titolo per la recensione completa)


1. THE SOCIAL NETWORK (D. Fincher)

L'abbiamo detto e lo ripetiamo: questo sottovalutatissimo film di David Fincher è il primo, vero capolavoro di inizio millennio. Lo specchio più fedele del mondo in cui viviamo, dominato dall'apparenza e dalla superficialità. Una pellicola di una tristezza infinita, sul disperato bisogno di accettazione nell'era del web 2.0. Splendidamente classico, drammaticamente imperdibile.




2. NOI CREDEVAMO (M. Martone)

Una distribuzione miope e dissennata non ha reso giustizia a questo (ennesimo) gran film di Mario Martone: un maestoso pamphlet sulla storia del Risorgimento, che si rivela anche un affresco imponente, beffardo, tragico e calzante sul nostro assurdo presente. Speriamo che prima o poi il tempo gli renda giustizia.

3. CORPO CELESTE (A. Rohrwacher)

Una folgorante opera prima di una regista giovanissima, eppure classicamente matura: Corpo Celeste sembra quasi un film di Ermanno Olmi per rigore e moralità. Si parla di spiritualità, religione e adolescenza, con garbo e poesia. Quasi un piccolo miracolo.






4. HABEMUS PAPAM (N. Moretti)

Il ritorno di Nanni Moretti è quello dei tempi migliori: con freschezza, ironia e molto mestiere il regista romano offre al suo pubblico una grandissima riflessione sull'umiltà e la consapevolezza dei propri limiti, costringendo lo spettatore a farsi un proprio esame di coscienza, in una società dove si guarda sempre e solo alla propria ambizione. Bello e necessario.

5SORELLE MAI (M. Bellocchio)

Un film di Bellocchio non è mai un film 'minore', anche se girato nei ritagli di tempo, in assoluta libertà, con il cast formato da famigliari e parenti e una sceneggiatura scritta work-in-progress, quasi per gioco.
Il risultato è un piccolo grande film, un gioiellino di rara freschezza e poesia.
Assolutamente da vedere.




6. NON LASCIARMI (M. Romanek)

Tratto da un romanzo di Kazuo Ishiguro, un film bello e toccante, di grande impatto emotivo e recitato splendidamente da un trio di giovani e affermati attori.  Cupo, glaciale, apparentemente senza speranza, Non lasciarmi è un film dolce e delicato, che fa riflettere sulla bellezza e la vacuità della vita, e sull'obbligo di godersela fino alla fine.

7. MR. BEAVER (J. Foster)

La vera sorpresa dell'anno: un film grottesco, disturbante e disturbato, divertente e agghiacciante insieme, coraggiosissimo nell'affrontare temi pesanti e difficilmente 'filmabili' come la depressione e il male di vivere. La Foster dirige con maestria un attore controverso e discusso come Mel Gibson, qui davvero straordinario.

... E I FLOP !


1. IL CIGNO NERO (D. Aronofsky)

La delusione più cocente: non basta l'immensa interpretazione della sempre splendida Natalie Portman per salvare un film mediocre e sbagliato, di una banalità sconcertante e pieno di effettacci 'gore' che scadono nel ridicolo involontario. Vorrebbe essere inquietante e disturbante, invece riesce solo ad aumentare il rimpianto: che ne avrebbe fatto il grande Hitchcock di un soggetto così?

2. LA FINE E' IL MIO INIZIO (J. Baier)

Una specie di bignami del Terzani-pensiero, dove non si capisce assolutamente nulla sullo spessore del protagonista e dove i richiami new-age appesantiscono a dismisura un film di un'ora e mezza, che risulta lo stesso di una noia mortale. Pretenzioso e inutile.





3. SILVIO FOREVER (R. Faenza - F. Macelloni)

Non si capisce davvero il senso di questa accozzaglia di immagini trite e ritrite di Sua Emittenza, che indagano (per finta) sul suo presunto 'lato umano' e che lasciano accuratamente fuori tutti gli scandali che hanno colpito il Cavaliere in questi anni. Operazione vuota e inutile, che piacerà solo a chi vuole vedere e sentire quello che già sa. Continuiamo così, facciamoci del male.




4. AMICI MIEI, COME TUTTO EBBE INIZIO (N. Parenti)

Il flop dei flop. Costato 15 milioni di euro e accompagnato da un battage pubblicitario colossale, alla fine ne ha portati a casa meno di 4. Ad essere onesti non sarebbe neanche orrendo, ma un remake così piatto e timoroso di confrontarsi con l'originale non serviva proprio a niente. E gli spettatori lo hanno capito.




5. BURLESQUE (S. Antin)

Musical noiosissimo, patinato e superficiale. Una pietosa scusa per assecondare il presunto lato artistico di una presunta cantante (la Aguilera), che non si risparmia nel mettersi a nudo (nel senso letterale del termine). Ma aldilà di ballerine sculettanti e dive siliconate (Cher), non c'è davvero altro. Vorrebbe ispirarsi a Cabaret, ma è blasfemo solo pensarlo.




6. THE TOURIST (F. Donnesmarck)


Donnesmarck passa alla cassa e ringrazia. Come sputtanarsi al secondo film sulla strada di Hollywood. Dopo il capolavoro (premiato con l'Oscar) de Le vite degli altri, fa davvero tanta rabbia vedere un regista giovane e talentuoso svendersi così, realizzando un prodotto talmente kitsch da far accapponare la pelle.


7. WALL STREET - IL DENARO NON DORME MAI (O. Stone)

Il denaro non dorme mai, ma fa campare. Ne sa qualcosa Oliver Stone, un tempo regista militante e incazzato, oggi caricatura di se stesso. Già il primo Wall Street non era un capolavoro, ma almeno si fece apprezzare per aver colto bene il momento e la fine di un'epoca, quella della grande speculazione degli anni '80. Questo pallido sequel arriva fuori tempo massimo su tutto, con il povero Michael Douglas, vecchio e malato, semplicemente inguardabile.

domenica 7 agosto 2011

TIRANDO LE SOMME: LE CIFRE DI UN'ANNATA


Un anno di cinema sotto il segno del tricolore: questo sembra dirci la classifica degli incassi della stagione appena conclusasi, e puntualmente pubblicata dal mensile Ciak. Se si guardano le cifre, assolutamente incontestabili, davvero non sembrano esserci dubbi: tre film italiani ai primi tre posti in classifica, e addirittura sette nella top-ten, peraltro con incassi da capogiro: e se gli exploit di Checco Zalone, Aldo Giovanni e Giacomo e la premiata ditta Neri Parenti-Christian De Sica erano in qualche modo attesi, autentiche sorprese si sono rivelate Qualunquemente  e, soprattutto, Benvenuti al Sud di Luca Miniero, remake intelligente e furbetto di una pellicola francese di scarso successo, capace di piazzarsi addirittura al secondo posto assoluto.

Stagione da incorniciare dunque per il made in Italy? Beh, dal punto di vista degli incassi sicuramente. Ed è già tanto, considerando le ultime, asfittiche, annate. Una boccata d'ossigeno per tutto il sistema, mai così 'benedetta' dagli addetti ai lavori.

Il discorso però cambia (parecchio) se parliamo del rapporto qualità-incassi. E qui vengono le dolenti note... niente di nuovo sotto il sole, certo, ma è piuttosto triste dare per scontato quanto già si sa: che, cioè, i grandi numeri sono fatti solo da certe commedie il cui livello artistico di sicuro non è eccelso. E, cosa ancora peggiore, che queste commedie premiano tutte personaggi di stampo prettamente televisivo: sembra, insomma, che oggi per avere successo ai botteghini nostrani bisogna prima imperversare in tv e poi trasferirne il linguaggio (non certo 'oxfordiano') sul grande schermo. Non è una prospettiva incoraggiante.

Inoltre, ricollegandoci a questo, dalle cifre dell'annata appena trascorsa emerge anche un altro dato piuttosto preoccupante: un calo clamoroso delle pellicole d'essai, o comunque geneticamente diverse dai blockbuster hollywoodiani. Basti pensare che il primo film oggettivamente 'di qualita' presente in classifica è Inception di Christopher Nolan, che si piazza appena al 15. posto. E addirittura nei primi venti troviamo soltanto un altro titolo: l'oscarizzato Il discorso del re, diciannovesimo. Seguono poi Hereafter (22.), Il cigno nero (31.), Habemus papam (32.), La solitudine dei numeri primi (50.). Altre pellicole belle e importanti come The Social Network, La versione di Barney, Il Grinta, Somewhere e perfino l'ultimo cult-movie malickiano, The Tree of Life, sono abbondantenente oltre il cinquantesimo posto.

Le cause? Almeno due quelle evidenti, e che vanno di pari passo: la prima è che ormai il livello culturale dello spettatore cinematografico medio si sta paurosamente abbassando sempre di più. Il 'popolo' vuole solo commedie e cartoni, si rifiuta di 'impegnarsi', e quando va al cinema vuole solo divertirsi e disconnettere il cervello. La seconda è che, oggettivamente, le sale d'essai vanno ormai scomparendo dai centri storici delle città a vantaggio delle multisale, la cui programmazione certamente non va in questa direzione. Il pubblico dei multiplex è costituito principalmente da giovani e giovanissimi, con internet e i videogiochi nel cuore e nella testa,  in cerca di kolossal spettacolari e farciti di effetti speciali. A farne le spese sono quindi i 'cinefili' doc, a cui viene a mancare proprio la 'materia prima', e che spesso, per indole, cultura e vocazione, rifuggono la 'mercificazione del prodotto' che si celebra nelle grandi strutture. Discorso diverso per gli anziani, la cui principale difficoltà spesso è di natura prettamente 'logistica': le multisale sorgono quasi sempre nelle periferie, e sono difficilmente raggiungibili per chi non può più permettersi di andare in macchina.

Appuntamento tra 365 giorni, nella speranza di un'analisi diversa.
Anche se, onestamente, non sono molto ottimista.

Premete QUI per vedere la classifica del box-office 2010/2011. 
(Attenzione: dati aggiornati in tempo reale e quindi in continua variazione)