domenica 13 febbraio 2011

BURLESQUE (USA, 2010) di Steve Antin


C'è musical e musical. Proprio ieri sera sono andato a vedere la versione teatrale di Flashdance e mi sono divertito tantissimo: una produzione giovane, frizzante, fresca, con un cast affiatato e ben assortito. Nessun nome noto, ma tanta energia e tanto ritmo che non fanno assolutamente rimpiangere la versione originale cinematografica.

Che cosa c'entra tutto questo con Burlesque, mi state chiedendo? Semplice. Come dicevo, c'è musical e musical: Flashdance è la dimostrazione che si possono affrontare 'temi' seri e importanti (disoccupazione, mondo operaio, disagio giovanile, precarietà) ANCHE con un genere cinematografico apparentemente 'frivolo' e poco incline all'impegno. Insomma: il musical non è un genere a se stante, e non è assolutamente vero che sceneggiatura e contesto siano componenti 'marginali', in secondo piano rispetto a canzoni e coreografie. Se esistono musical con queste caratteristiche, sono semplicemente dei brutti musical.

Ecco, Burlesque non è altro che un brutto film. Un film noiosissimo, superficiale, patinato e decisamente inutile, oltre che tremendamente banale: non è sufficiente infatti mettere davanti alla cinepresa decine di ballerine in abiti succinti per catalizzare l'attenzione dello spettatore, così come non ci si può non stancare nel vedere sempre la formosa protagonista sculettare e esibire in ogni scena le proprie 'grazie' senza una benchè minima forma di passione e convinzione in quello che sta facendo.
Burlesque è un film di una piattezza e di una mediocrità spaventose: una storia risibile e melensa (l'ennesima 'puntata' della giovincella giovane e senza soldi, novella Cenerentola, che abbandona capra e cavoli per trasferirsi in città alla ricerca di gloria...), 'arricchita' (si fa per dire) del contributo di due star che recitano ben al di sotto del minimo sindacale, ed essenzialmente per rilanciare le loro rispettive carriere.

Un baraccone chiassoso e vuoto, soporifero e snervante, che è offensivo e ridicolo paragonare a Cabaret, film al quale il regista videoclipparo Steve Antin dice di essersi 'ispirato': ecco, sappiate che tra il capolavoro di Bob Fosse e questa scemenza c'è la stessa differenza, a livello estetico, che c'è tra Monica Bellucci e Anna Mazzamauro. Paragone volgarotto, ma in linea con il livello del film.
 
VOTO: *

2 commenti:

  1. altro che frivolo il musical! certo come dici, dipende che si combina.
    se posso permettermi... leggi questa rece kelvin, fatta insieme ad un'amica, eccezionale: http://robydickfilms.blogspot.com/2011/01/cabaret.html

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  2. Bellissima recensione (o intervista?). Sono d'accordo con te: i film che più ci restano 'dentro' sono quelli che ci comuinicano qualcosa di emotivamente importante a livello personale, non si scappa. Il cinema è passione, e ci sono film che ci fanno pensare, riflettere, ricordare e, appunto, appassionare. Ho sempre giudicato i film che vedo col 'cuore' e non con la mente, sono fatto così. E i film che ho inserito nella pagina di questo blog 'SETTE FILM, SETTE STORIE' sono, appunto, sette titoli che per me, per vari motivi, hanno voluto dire molto.

    Per quanto riguarda il musical, è chiaro che anche qui sfondi una porta aperta: nessun genere è 'frivolo', dipende chiaramente da come lo si fa. Solo che il musical ha subito ingiustamente per tanto tempo i pregiudizi della critica 'snob', quella da 'Cahiers du Cinema' per capirci, che lo ha sempre considerato un genere 'minore' (come, ad esempio, la fantascienza e l'animazione, a lungo considerati generi di serie B e solo recentemente 'sdoganati').
    Ma vedendo 'Cabaret' si capisce subito quanto erano sbagliati quei pregiudizi !

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