domenica 10 gennaio 2010

IL MONDO DEI REPLICANTI (USA, 2009) di Jonatan Mostow


"Surrogates" recita il titolo originale, come al solito ben più incisivo e significativo di quello italiano: surrogati, come i milioni di robot dalle sembianze umanoidi che scorrazzano in giro per il pianeta telecomandati dai loro proprietari (gli uomini in carne ed ossa) che se ne stanno belli comodi sdraiati nelle loro poltrone, senza mai uscire di casa, senza mai avere contatti con l'esterno nè con i loro simili. Questa è la società del futuro, secondo il regista Jonathan Mostow: un mondo dove ogni attività, ogni mossa, ogni "contatto" è demandato alle macchine, il cui aspetto fisico esteriore è scelto dal proprietario, che può farsi il proprio "surrogato" a sua immagine e somiglianza, anzi, pure un po' meglio...
I surrogati, infatti, sono tutti bellissimi: quelli femminili alti, slanciati, con tutte le curve al posto giusto e senza un filo di cellulite. Analogamente quelli maschili sono atletici, palestrati e pieni di muscoli. Normale: ognuno cerca di apparire più bello di quello che è, specialmente se gli "originali" non si fanno mai vedere e rifuggono ogni contatto tra di loro, e quelli che girano in strada non sono altro che i loro "rappresentanti". Ovvio che in una società simile non possano esistere nè guerre, nè criminalità, nè spargimenti di sangue: ad appianare ogni controversia pensano i surrogati, che possono essere presi a pugni, fucilati, bruciati o fatti a pezzi, ma pur sempre riparati. Non si parla quindi di omicidio ma di semplice "incidente". Un giorno, però, accada qualcosa di strano: alcuni surrogati vengono "disattivati" con la violenza e resi inutilizzabili. Niente di che stupirsi, salvo che stavolta a farne le spese sono, contemporaneamente, anche i loro "proprietari" umani...
E' davvero un gran bel film questo di Jonatan Mostow, che prosegue quella che si sta rivelando davvero un'annata d'oro per la fantascienza: abbiamo cominciato con l'impegnato e "progressista" District 9 di Bloomkamp, per passare all'intenso e cerebrale Moon di Duncan Jones. E Surrogates non è da meno: all'apparenza si tratta di un bel B-Movie tutto azione e spionaggio (e già questo non è poco: il film funziona benissimo e diverte), ma in realtà ci accorgiamo ben presto che, come tutte le più importanti pellicole del genere, anche questa ha un secondo livello di lettura molto profondo e complesso, che chiama direttamente in causa la natura stessa dell'essere "uomo".
Potrà mai riuscire l'"uomo" ad accettare se stesso? Potrà mai accettare il proprio aspetto fisico, il proprio carattere, i propri difetti (o almeno quelli che lui ritiene tali), senza sforzarsi di voler apparire per forza "migliore" di quello che è?
Potrà mai l'uomo riuscire a convivere con se stesso e le proprie paure, rifuggendo quella che è ormai diventata (nel film ma anche nella realtà) la cultura dell'apparenza? Surrogates sembra volerci dire che ciò che conta è quello che siamo dentro, non quello che vorremmo essere.
Una bella lezione di vita. Niente male per essere, all'apparenza, solo un film con Bruce Willis...
VOTO: * * * *

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